Labirinti di legno

A cura di Virgilio Patarini, Valentina Carrera, Barbara Vincenzi

 

Opere di: Simone Azzurrini , Alessandro Baito, Olivia Boa, Ivano Boselli, Marco Bettio, Valentina Carrera, Drago Cerchiari, Massimo Gasperini, Vito Giarrizzo, Sergio Gotti, Bruno Moretti Sanlorano

 

Questo non è un albero

Nel mezzo del cammin di nostra vita

Mi ritrovai in una selva oscura

Che la diritta via era smarrita…

In francese c’è una parola (bois) che indica sia il bosco che il legno. Ecco, la mostra “Labirinti di legno” parla proprio di questo: di boschi, alberi, legno; e lo fa con linguaggi diversi dell’arte contemporanea come la pittura, la scultura, la fotografia, le installazioni. Ciascuno dei venti artisti selezionati racconta storie di alberi, boschi, o penetra nella materia stessa del legno con il proprio stile e con la propria sensibilità, ma tutti hanno una cosa in comune: nessuno di loro ci rimanda una visione, una interpretazione del bois stereotipata o scontata. E soprattutto per nessuno di loro un albero rappresentato rappresenta davvero un albero. 

D’altronde da sempre, dalla notte dei tempi, il bosco e l’albero hanno avuto un significato simbolico e una funzione sacra, rituale. L’albero come oggetto totemico per eccellenza e il bosco come luogo sacro. E l’attraversamento del bosco è in moltissime civiltà arcaiche una delle prove d’iniziazione per eccellenza. Per non parlare delle evidenti analogie formali e simboliche tra bosco, labirinto e mondo degli Inferi. E dunque attraversare, entrare ed uscire da un bosco è compiere un’azione magica e iniziatica come entrare e uscire da un labirinto, come attraversare il mondo degli inferi, e uscirne vivo. L’incipit della Divina Commedia è sotto questo aspetto esemplare. Inutile sottolineare come la struttura dell’Inferno dantesco sia a tutti gli effetti un labirinto a spirale. E allora Teseo, Orfeo, Dante e Cappuccetto Rosso sono, mutatis mutandis, la stessa persona, protagonisti della stessa storia: quello che per Teseo è il Labirinto, per Dante e per Orfeo è il mondo degli Inferi, per Cappuccetto Rosso è il bosco. E il Minotauro di Teseo è Minosse per Orfeo, Satana per Dante (ma anche Minosse) e il Lupo per Cappuccetto Rosso. E poi Arianna con il suo filo che di volta in volta diviene la cetra, Virgilio e Beatrice, il Cacciatore col fucile e col coltello.

A proposito di analogie formali occorre poi sottolineare come il legno, il tronco di un albero sezionato, sia in orizzontale che in verticale, rimandi all’immagine del labirinto. Nella sezione orizzontale i cerchi concentrici degli anelli che ci svelano l’età dell’albero, la successione temporale delle stagioni, ricorda decisamente il labirinto classico a spirale o a cerchi concentrici; mentre un taglio verticale, come quello che si fa per ricavare delle assi, grazie alla presenza dei nodi, svela percorsi di labirinti più variegati, meno simmetrici e regolari, ma spesso più tortuosi. Oggi poi la moderna psicoanalisi ci ha fornito ulteriori strumenti per intendere il significato simbolico dell’attraversare quel labirinto di legno che è un bosco, luogo d’ombra per eccellenza, pieno di presenze potenzialmente minacciose, esseri reali o immaginari, ricettacolo delle nostre ancestrali paure, dove occorre perdersi per ritrovarsi, e avere il coraggio di entrare per poterne uscire più forti, e correre dei rischi, e su tutti il rischio di perdersi, di morire, per poter rinascere.

 

 Virgilio Patarini