Piero Lerda, Retrospettiva

a cura di Barbara Vincenzi

Piero Lerda

Personalità colta e rigorosa ma appartata. Un artista discreto e schivo, fuori dai circuiti e dalla ribalta di un mercato confuso e frenetico. Aggiornato testimone e protagonista di mezzo secolo di eventi artistico-culturali.

Nel percorso artistico e intellettuale di Piero Lerda si coniugano concentrazione e autorevolezza, rigore e ispirazione compositiva, fuoco interiore e nobile saggezza.

La sua pittura pur andando verso una semplificazione e riduzione dei segni, conserva una larvata figurazione, è una ricerca che non si disperde in un gorgo informale, non si lascia trascinare nel vortice dell’interiorità e, pur contenendone le pulsioni, libera una scrittura che prende una duplice direzione.

Da una parte si articola come attività ludica: gioiosa giostra esistenziale, dispersione gratuita di energia, manipolazione di materia informe intrisa di luce e colore. Dall’altra si sviluppa come gioco strutturato con il suo insieme di regole, di combinazioni e di rapporti precisi.

Tutto questo porta il pittore, agli inizi degli anni sessanta, a sintetizzare la sua poetica in una cifra che lo accompagnerà tutta la vita: sono composizioni che lo inducono alla costruzione di immagini in forma di aquiloni. Forse un colpo d’ala liberatorio per inventare una nuova realtà, più leggera e autonoma di fronte alla pesantezza degli eventi della storia individuale. Aquiloni: metafore della vita e della fragilità dell’esistere. Sono forme che ricordano composizioni astratte.

Egli cerca nell’astrazione il risvolto celato della realtà, la profondità sempre più negata dalla società dell’immagine e della comunicazione ( cui ha dedicato anni di professione), per contrapporle un universo visivo che va verso una rarefazione, una riduzione essenziale che si configura come sospensione dell’esistere del tempo e dello spazio. Aquiloni sospesi nel vuoto, purtuttavia vincolati al reale da un filo sottile: vero anelito di spiritualità. Catturano lo sguardo con la loro grazia aerea, riempiendolo di sorpresa e meraviglia. Simbolo degli aspetti più imprevedibili e fantastici dell’esistenza, si librano nell’aria rarefatta dei nostri sogni dove volteggiano come a risvegliare l’incanto per tutto ciò che è inaspettato o inusuale o che ci viene donato gratuitamente dall’esperienza. Il loro movimento ondeggiante: elegante danza incorporea, si collega all’universo insondabile dei pensieri e della fantasia, all’immaginario, alla poesia. Librare un aquilone con destrezza e divertimento è dunque sinonimo di messaggio di apertura verso le novità e le gioie della vita. In estremo Oriente è visto come l’esteriorizzarsi dell’anima del suo proprietario che resta

legato al suolo. Egli è magicamente avvinto ad esso, come l’anima al corpo. L’uomo attraverso il filo percepisce la forza delle correnti celesti cui il fragile apparecchio di carta è affidato.

L’artista è colui che sa conservare lo spirito dell’infanzia nell’età adulta, dove il rapporto con il cielo e la terra, diventa motivo di ispirazione della sua arte.

Piero Lerda cerca di afferrare, come attraverso un caleidoscopio, quell’enigmatica e misteriosa parola che ognuno di noi pronuncia sovente, nel segreto del suo cuore, senza però intenderne il significato. Dal suo misterioso sussurro il pittore riceve suggerimenti per comporre le sue opere.

Con brandelli di materia colorata, poche pennellate e semplici segni sa catturare frammenti di infinito per costruire il suo personale universo. Uomo di profonda cultura, sa che essa nasce dalla contrapposizione tra ciò che ha scopo e le necessità della vita quotidiana. Percepisce che il fondamento della conoscenza è il gioco nel quale si compie la definizione della nostra esistenza, anche se il funzionalismo della moderna civiltà tecnologica rende difficile affermare questa autonoma dignità. Egli ci suggerisce che il gioco dell’aquilone può farci ritrovare il piacere per una solennità che esce dal quotidiano perché verso il cielo si innalza il tetto comune che tutte le culture dovrebbero costruire. Aquiloni: strumenti poveri di materia ma ricchi di fantasia, sfrecciano nell’aria, comunicando un senso etico e partecipato tra i popoli della terra.

Il loro volo libero ma allo stesso tempo vincolato alla mano dell’uomo ci induce a inquietanti associazioni con la vita organica, un rarefatto incanto, che possiede il fascino universale della musica, capace di travalicare il mondo dei significati per far spazio a quello dell’emozione.

Giovanni Cordero

(Direttore Arte Contemporanea - Soprintendenza storico artistica Ministero dei beni e attività culturali Torino 2-04-09)